


Intrecci ulteriori della trama: il capo della polizia di Bruxelles (personaggio viscido e parecchio infatuato di Mwana) era funzionario belga in Congo e, come ultimo atto della colonizzazione, era riuscito ad ingravidare la donna congolese che faceva le pulizie in casa sua. Da questo amore era nato un figlio, all'insaputa dello stesso commissario. Caso vuole che questo figlio sia il solito Chaka-Jo, vero perno attorno a cui ruota tutta la storia.
Questo fatto frutterà al giovane meticcio il salva-condotto che gli permetterà di sottrarsi alla giustizia – era lui il "Salvatore dell'umanità" - e di rimanere assieme alla sua nuova famiglia che fa ritorno in Congo, al villaggio.
Pièce d'identités è una favola dagli intrecci di una telenovela e a lieto fine. Piuttosto poco, se si eccettuano alcuni spunti interessanti. Le giovani generazioni dei congolesi di Kinshasa, la capitale, irriverenti nei confronti delle tradizioni e degli abiti dei villaggi (come quello di cui è re Mani Kongo). Lo smarrimento (la perdita di identità) a cui sono sempre esposti i giovani immigrati in un paese straniero, per i motivi più diversi: la difficoltà ad intrecciare rapporti solidi senza diventare altri da se stessi, il perenne rischio di perdere per qualche motivo il diritto a quel foglio (permesso di soggiorno) che li tiene legati (precariamente) al posto dove vivono, i sospetti e le particolari "attenzioni" che le forze dell'ordine hanno nei loro confronti, il concreto rischio di trovarsi presi in mezzo a "retate" di massa, coinvolti in brutte storie solo per essersi trovati in mezzo ad un gruppo di stranieri. La polizia colpisce nel mucchio e deve pur sempre raggiungere ogni anno il numero minimo di espulsioni da vantare davanti all'opinione pubblica.
Più debole appare invece la messa in scena dello smarrimento del re, catapultato in un mondo che lo ignora o lo deride, salvato da una specie di angelo incarnato da una donna nera guardiana delle tradizioni e degli avi, costretto ad ipotecare i suoi simboli regali (pièces d'identités), che proprio quando sta perdendo le speranze e comincia a sentirsi indegno del suo ruolo di re e di padre e ad abbandonarsi ai vizi, conquista le simpatie degli autoctoni e ritrova l'amata figlia.
Nella girandola di colpi di scena ed intrecci amorosi (a cui non sfugge il nipote di Mani Kongo, arrivato dal villaggio per portare un po' di soldi allo
sfortunato zio e subito innamoratosi, ricambiato, della migliore amica di Mwana), il ritmo non manca di certo, ma è l'approfondimento psicologico dei personaggi - che pure era l'aspetto inizialmente più interessante - a risentirne. Il risultato? Un intreccio da mal di testa e un po' di superficialità. Ha vinto diversi premi, fra cui il FESPACO (Festival Panafricano di Cinema di Ouagadougou).

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