venerdì 21 marzo 2008

Masculin Féminin - J.L.Godard (1966)

Il film si apre e si chiude con il motivo della Marsigliese. È un ironico richiamo alla pomposa Francia ed ai francesi frivoli e superficiali. È un grido di solitudine e tristezza che lancia ai suoi connazionali chi vorrebbe occuparsi dei problemi concreti e gravi della società, trovando come risposta – anche da chi, come i giovani, dovrebbe esserne più toccato – solo un muro di ipocriti ed insuperabili valori tradizionali e di (solo apparentemente contrapposta ad essi) cinica voglia di modernità, disimpegno e vita"all'americana".

"Questo film si potrebbe chiamare I giovani di Marx e della Coca-Cola. Capisca chi vuole".
È questo solo uno dei titoli che compaiono, scritta bianca su sfondo nero, nel corso di questo polemico racconto diviso (o meglio de-strutturato) in 15 "fatti precisi", come anticipato dalla prima schermata.

Masculin Féminin è una lunga inchiesta sulla società francese – in particolare quella giovanile – negli anni delle lotte e dell'attivismo per la conquista di importanti diritti sociali e sul lavoro, ma al tempo stesso dell'arrivo e del fragoroso dilagare del consumismo, del mito americano, della vita frizzante, con le bollicine ("La generazione-Pepsi"). Tutto ruota attorno a questa contrapposizione ed al tentativo di approfondirla ricorrendo alle opinioni della gente comune.

Lo stesso procedere del film si basa in realtà su una serie di confessioni (quasi estorte) davanti alla macchina da presa, partendo dal personale, dal privato, per spingersi poi, fra il crescente imbarazzo degli intervistati, ad aspetti più sociali, politici di quegli anni.
Questo è vero non solo nelle interviste in senso stretto che Paul, giovane in cerca di un lavoro migliore e sondaggista indipendente (impersonato da Jean Pierre Leaud) fa ai suoi concittadini, intristendosi per la dilagante superficialità che ne emerge, ma anche nei dialoghi fra i protagonisti, quelli che si vorrebbero "naturali", spontanei. Anche questi, infatti, sono costruiti visivamente come interviste (pur non essendolo): le inquadrature non prevedono mai una tradizionale alternanza su chi parla. Al contrario, sfuggendo come sempre alle regole del cinema classico, Godard indugia a lungo sulle reazioni di chi è chiamato a rispondere alle domande (spesso anche imbarazzanti, su temi "sconvenienti"), lasciando fuori campo l'intervistatore di turno, anche per diversi minuti.
La "scusa" che permette a Godard di costruire questa sorta di riflessione dal basso sul mondo è il racconto di una storia di giovani, peraltro parecchio intrecciata e complessa da sbrogliare. Paul è innamorato di Madelaine, cantante pop con discreto successo e grande attrazione verso i piaceri frivoli. Madelaine è attratta da Paul ma troppo concentrata sul proprio successo personale per amarlo veramente ed ha paura di stancarsene. Invece, accetta e condivide la simpatia che nei suoi confronti prova l'amica Elizabeth, terzo incomodo di una storia decisamente impossibile. Robert, amico di Paul, è politicamente impegnato e cerca di coinvolgere l'amico – meno convinto di lui, o forse solo più disilluso – nelle lotte sindacali. Prova sentimenti forti per Catherine, ma lei pare essere affascinata da Paul.
Attorno alle confessioni dei ragazzi protagonisti ed al loro procedere nervoso e drammatico, come più si confà a dei giovani, parallelamente si sviluppa la storia della Francia di quegli anni.
La discoteca, le canzonette alla moda, i concorsi di bellezza, il consumismo e le corse agli acquisti, le sale giochi. Di tanto in tanto, un episodio drammatico ci ricorda anche la fragilità di tutto questo, il continuo rischio che questa corsa al successo, all'individualismo, all'affermazione personale porta con sé.
Alternando una serie di provocazioni (_gli scienziati americani sono riusciti a trasferire idee da un cervello all'altro con una semplice iniezione; _non è la coscienza degli uomini che ne determina la loro vita, ma le condizioni della loro vita che ne determinano la coscienza; _è possibile che tra una ventina d'anni ogni essere civilizzato sarà dotato nel suo organismo di apparecchi che determinano a comando sensazioni di piacere sessuale) alle aspirazioni ed alle gioie sempre più effimere e superficiali dei giovani francesi, Godard continua in quella che sembra proprio una disperata denuncia della pochezza contenutistica delle discussioni di quegli anni (ma che dire di oggi?). Tutti rifuggono gli argomenti "seri" che di tanto in tanto Paul cerca di introdurre nei discorsi fra amici o nelle interviste con sconosciuti: sessualità, politica, anticoncezionali, capitalismo, socialismo,...
"Sonno che a volte chiudi gli occhi del dolore, sottraimi un momento alla mia propria società". E' il titolo di un altro capitolo, forse la parte più propriamente politica del film, con il "Dialogo con un prodotto di consumo", ovvero un'intervista con "miss Sorriso", che trova magnifico, negli U.S.A. (dove è stata), la vita intensa e la sensazione di riuscire ad ottenere tutto ciò che si vuole, mentre dichiara di non essere minimamente interessata a sapere in quali zone del mondo c'è la guerra. Il Vietnam e la politca imperialista statunitense sono l'obiettivo di altre sequenze (un uomo che si dà fuoco per protesta contro la guerra, Robert e Paul che offendono ed imbrattano la macchina di un diplomatico americano con la scritta: Pace in Vietnam), che si concludono con altre amare riflessioni di Paul: "se uccidi un uomo sei un assassino, se ne uccidi a migliaia sei un conquistatore, se li uccidi tutti sei un Dio".
Sempre più solo, Paul continua i suoi sondaggi su tutti i temi possibili ed immaginabili, ottenendo – come lui stesso ci dice – risposte lontane dalla realtà attuale, saldamente ancorate al passato, prive di obiettività e di sincerità.
"Filosofo è l'uomo che oppone la sua coscienza all'opinione comune. Avere una coscienza vuol dire aprirsi alla realtà del mondo. Essere fedeli vuol dire comportarsi come se il tempo non esistesse. La saggezza è soltanto vedere la vita. Guardare la vita è saggezza"

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