domenica 2 marzo 2008

Il petroliere - P.T.Anderson (2007)

Duro, senza spazio per le diversità e le debolezze, affarista. Questo è il fondamentalismo americano nella sua visione più estrema, proposta da Anderson nel bellissimo "Il petroliere". Un fondamentalismo dove la religione (evangelica-pentecostale) e gli affari si mischiano costantemente, in cui chi è povero, triste o malato lo è per sua colpa (e allora deve pagare il pastore della comunità affinché gli dedichi un sermone), mentre chi è ricco deve comunque pagare il pastore della comunità per purificarsi e guadagnarsi buoni auspici per gli affari.
Anche questa è stata la storia degli Stati Uniti, soprattutto del profondo sud. La storia dei petrolieri, del loro business e della religione pronta a mischiarsi con tutti, per ottenere il suo (sacro) guadagno. Sarà un caso che l'attuale presidente degli U.S.A. è anche petroliere e fervente pentecostale? I Born-Again-Christians basano il loro culto sulla fede nei miracoli e la capacità di "liberazione dal demonio" da parte dei pastori (a pagamento, s'intende..). È una dottrina manichea che separa nettamente fra il Bene ed il Male (ricorda niente?), che teorizza – nei suoi tratti di destra più estremi e razzisti – la distruzione dei miscredenti. Per capire tanto di quello che ancora oggi succede in alcuni Stati degli U.S.A., occorre forse approfondire il discorso iniziato da questo durissimo film.
La spietata corsa – nei primi anni del secolo scorso – all'accaparramento di tutti i terreni utili da sforacchiare per succhiarne petrolio, senza rispetto ed attenzione per niente. Né per la natura, né per i propri familiari, né per gli abitanti, spinti a vendere terreni dai soldi e dalle promesse di un netto miglioramento di vita della propria povera – ma ancora onesta – comunità.
Vischioso com'è, il petrolio – e tutto quello che si porta appresso, religione fanatica compresa – si appiccica addosso a tutti coloro che ne vengono a contatto in questo film e che, prima o poi, finiranno per pagare le conseguenze della propria avidità (anche quando in buona fede).
La religione qui non è che una copertura per gli affari; gli sproloqui su "famiglia", "valori", "patria", "Dio", impallidiscono, tremano e svaniscono davanti alla spietatezza con cui la (sacra) alleanza – soltanto in parte cammuffata da conflitto – fra pastori e capitalisti d'assalto convince tutti, con le buone o con le cattive, a credere che il petrolio sia un miracolo divino e lo sviluppo che ne deriva sia una benedizione per tutti. E non arricchimento sfrenato per pochi, prebende a pagamento e carità compassionevole per gli altri. Ai quali non resta che pregare e pregare nell'attesa di un miracolo, di una manifestazione (economica) di Cristo. Promessa e venduta da qualche santone telepredicatore, negli U.S.A. o (sempre di più) nell'Africa evangelizzata.
Film scomodo, forse anche più di quel che appare; film attuale benchè ambientato più di cent'anni fa. Un Daniel Day Lewis meraviglioso ed un Paul Dano al livello contribuiscono a fare di questo "Il petroliere" un grandissimo film. Dove la storia di una certa America mitizzata (quella del "capitalismo dai sani valori") è lucidamente messa in luce in tutta la sua ipocrisia.
Dove, cadendo assieme a Daniel Day Lewis in quella miniera, morendo schiacciati dalla trivella come un operaio, rimanendo sordi a seguito di un'esplosione assieme al figlio, invecchiando nell'odio, nella solitudine e nell'alcolismo come il petroliere, capiamo – se ancora non l'avessimo fatto – che il progresso, la crescita, l'arricchimento hanno sempre – per tutti – un rovescio della medaglia. Anche se all'inizio a pagare è sempre qualcun altro.

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