venerdì 5 settembre 2008

Roma ore 11 - G: De Santis (1952)

Non c'è solo il ritratto di un'Italia pre-boom economico in questo film di De Santis, maestro del neorealismo italiano. C'è uno sguardo sincero, duro, coinvolto ma mai accondiscendente su un piccolo universo femminile. Quell'universo che esce dalle case e dalla vita domestica e, un po' per necessità, molto per voglia di libertà ed emancipazione, cerca la sua strada nel mondo. Con trucchi, furberie, arroganza, ma anche con generosità, ironia ed un lucido distacco che permette di comprendere al volo come stanno le cose.

La storia prende spunto da un vero fatto di cronaca del gennaio 1951, dall'inchiesta realizzata dal giornalista Elio Petri (poi anche aiuto-regista), sceneggiata dallo stesso De Santis, assieme – fra gli altri – a Cesare Zavattini. Un'offerta di lavoro pubblicata su un giornale, per un posto da dattilografa presso lo studio di un ragioniere, attira giovani (e meno giovani) donne in numero enorme. Nessuno sa quante di preciso, ma c'è chi parla di centocinquanta, chi addirittura di trecento. Per un solo posto, del quale non si conosce esattamente nemmeno la paga.

Lo stesso ragioniere è sorpreso da tante candidate ("l'anno scorso per lo stesso annuncio si sono presentate in dieci", dirà alla fine al commissario): è un chiaro simbolo dei tempi che stavano cambiando. La fame di lavoro è tanta ed è sorprendentemente diffusa fra tutti i ceti sociali, dalla prostituta alla nobile in disgrazia. Il lavoro degli uomini, quando c'è, è saltuario e mal pagato e non vale più il vecchio discorso che "la donna si mantiene, non si manda a lavorare", con cui il padre di una delle candidate (Simona, Lucia Bosè) rimprovera il fidanzato scapestrato della figlia.

Le prove per l'assunzione, all'ultimo piano di una vecchia palazzina in via Savoia a Roma, si susseguono, mentre la fila, fuori dalla porta e giù giù fino all'ingresso del palazzo, si ingrossa sempre di più. L'attesa è pesante, da dentro si odono solo i ticchettii delle dita sui tasti della macchina da scrivere e le facce delle donne in attesa si tendono o si rilassano a seconda della rapidità con cui sentono premere i pulsanti. ("Questa non è proprio brava", "Questa non la batte nessuno",..). L'atmosfera si elettrizza quando il ragioniere esce dalla porta ed annuncia che non ha proprio tempo per provare tutte e che, a parte le prime 30 o 40, le altre se ne possono pure andare. Luciana (Carla Del Poggio), con uno stratagemma, passa avanti a tutte e sostiene la prova, fra la rabbia generale delle colleghe, che la ricoprono di insulti all'uscita. Giustificarsi dicendo che "io c'ho bisogno perchè mio marito è disoccupato" non le servirà a nulla, anzi aumenterà ancora la rabbia e la frustrazione delle altre: "che, noi non c'abbiamo bisogno?". Ne scaturisce un parapiglia, tutte vogliono passare davanti a tutte, la paura di restare fuori dalla prova è troppo grande. La ringhiera cede, poi la scala, gradino dopo gradino: è una tragedia. Decine di ragazze sono ferite e trasportate all'ospedale, dove una di loro morirà.

L'inchiesta del commissario si conclude velocemente, dopo aver ascoltato alune ragazze (fra cui Luciana), il padrone di casa, gli inquilini, il ragioniere e la guardiana del condominio. Per la delusione dei cronisti – che hanno bisogno del colpevole perchè "la gente vuol sapere con chi deve prendersela" - l'indagine si chiude senza "mostri" da prima pagina. Tutti se ne vanno, tranne una giovane donna che si ferma ad aspettare il ragioniere perchè "il posto da dattilografa c'è ancora, forse me lo darà". Ecco lo spunto per un bell'articolo di giornale che frse non sarà mai scritto. È evidente con quest'ultima scena il tentativo degli sceneggiatori di spostare l'indice dai protagonisti (sicuramente tutti un po' imperfetti) alla società italiana del dopoguerra, stretta nella morsa fra disoccupazione, miseria, ma anche grande voglia di riscatto, da un lato, e speranze vane, cocenti disillusioni, fastidiose ingiustizie dall'altro.


"Studio privato cerca segretaria bellissima presenza"

"Ma che vogliono dì con sta bellissima?"

"Vòddì che se una è brutta può pure morì dde fame"

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