È un film di assenze. L'assenza improvvisa delle frontiere, che permette ai cittadini europei di viaggiare senza passaporto e a qualche illuso di sognare un mondo aperto ed uno spazio fluido in cui far transitare e coesistere persone ed idee. L'assenza del suono, evaporato nelle immagini mute di Lisbona e ricercato in ogni dove con un buffo microfono spione. L'assenza di un amore, annusato, atteso, ritrovato e nuovamente perso.
L'assenza di Friedrich, l'amico regista, che invita Phillip, tecnico del suono, a Lisbona per aiutarlo a finire un documentario sulla città e poi non si presenta mai a casa, dove sono alcuni bambini del quartiere a riempire il suo vuoto con telecamere insistenti. L'assenza dell'occhio umano nelle immagini non viste, riprese con una telecamera lasciata dietro alle spalle, per immortalare la città "così com'è e non come la desidero".

Le uniche immagini autentiche, secondo Friedrich, un vero patrimonio da tramandare ai posteri. Pura verità, puro documento. Niente a che vedere con il mercimonio del cinema, ormai molto più mezzo per fare quattrini che arte. A fare da sfondo, una Lisbona meravigliosa, che incanta con i suoi vicoli, i suoi scorci dalle terrazze, i suoi viali in pendenza percorsi dai tram.

Nonostante l'amico regista non si decida ad uscire dal guscio stretto e scomodo in cui si è ritirato, per via di un

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