
La vita può essere una corsa ostinata, drammatica, disperata. In fin dei conti, se si tiene presente come tutto è cominciato, nemmeno cercata. Ammesso – e non concesso – che una vita diversa si possa cercare, cosa in cui il meraviglioso Slimane (Habib Boufares), anche nei momenti più felici e circondato dall'affetto di tutti quelli – e sono tanti – che gli vogliono bene, tuttavia non sembra mai credere del tutto. Sarà per quell'espressione sempre compassata e un po' dimessa, da chi ne ha già viste (e sopportate..) troppe. L'ultima delle quali pare metterlo davvero Ko: dopo 35 anni di lavoro (di cui buona parte in nero), viene messo subdolamente da parte, in nome di una produttività che, in quanto anziano, non viene più ritenuto in grado di assicurare. Nascosta dietro ad un'imprevista e gravissima crisi che va affrontata col sacrificio di tutti.
La vita è uno scherzo stupido in un cortiletto rettangolare di periferia desolante, un gioco da ragazzi che si trasforma inesorabilmente in tragica angheria. La vita, per un
anziano immigrato che, con l'aiuto caotico di tutta la sua famiglia allargata, cerca di ribellarsi ad una vigliacca esclusione dal mercato del lavoro e di ridivenire protagonista della propria vita, è disseminata di ostacoli e di diffidenza, di derisione e continue prove da fornire.

La vita è un esame continuo, una prova di resistenza che può diventare insostenibile. In cui l'ostinazione e la determinazione, in luogo di una ben più docile rassegnazione, possono anche risultar fatali.

Film lungo, forse anche un po' troppo, a tratti eccessivamente urlato, ma ricchissimo di spunti, di odori, colori e sapori.
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