venerdì 16 maggio 2008

Moolaadé - O. Sembène (2004)

La sacralità del rifugio offerto a chi è in pericolo di vita ed il (possibile) ruolo delle donne africane e della loro cultura della protezione sono i protagonisti di questo film del senegalese Ousmane Sembène, vincitore della sezione Un certain regard al Festival di Cannes del 2004.
Nel villaggio isolato la vita scorre lentissima, fra qualche piccolo affare con mercenaire (il mercante locale), qualche canzone quasi rubata alla radio e i matrimoni combinati (due, tre mogli per marito).
Gli uomini si riuniscono per discutere della vita e delle sue regole (sempre uguali, immutabili) nel consiglio dei saggi, mentre le donne tengono dietro alla casa, fra rivalità e rispetto reciproco, complicità e saggezza.
Le sacerdotesse, nelle loro tuniche color rosso sangue, si occupano invece di praticare l'atroce rito della "purificazione", ovvero la mutilazione genitale femminile, destinata a proibire qualunque piacere durante l'atto sessuale ed a relegare la donna a ruolo di strumento di piacere maschile e "produttrice" di figli. Spesso con esiti drammatici, perché la mutilazione rende anche il parto un rischio enorme ed un dolore insopportabile. Senza contare tutte le adolescenti che muoiono a loro volta nel corso di questa malvagia, quanto stupida e pericolosa operazione.
È per sfuggire a questo terribile destino che sei bambine scappano dal rito. Due di loro muoiono in fondo ad un pozzo. Le altre quattro chiedono protezione a Collé Ardo, che aveva già evitato anni addietro alla sua unica figlia l'escissione e decide di offrire "asilo" alle quattro ragazzine dentro casa sua.
Così facendo, la donna si attira le antipatie di tutto il villaggio, colpito nel suo rito più barbaro ed ignorante, ma al tempo stesso impotente e rispettoso di quel "MOOLADE" (la protezione) che Collé Ardo segnala legando una corda davanti all'ingresso di casa, all'altezza delle caviglie. Per spezzare l'incantesimo e non irritare lo spirito del "Mooladé", la donna dovrà pronunciarsi in tal senso davanti al consiglio dei saggi.
Il marito (di cui Collè è seconda moglie), uomo debole e preoccupato di essere disonorato davanti agli altri e timoroso soprattutto dell'opinione severa del fratello maggiore, dapprima cerca di convincerla, poi - sfogando nella violenza la sua umiliante impotenza - la frusta senza pietà davanti all'intero paese, diviso - durante questa scena drammatica - fra chi si oppone alla mutilazione (la maggioranza delle donne) e chi (gli uomini, le sacerdotesse ed i cosiddetti saggi) la difende strenuamente, ripetendo che "mai e poi mai" un uomo accetterebbe di sposare una donna "impura".
Dramma a (moderato) lieto fine, in cui emerge con chiarezza il ruolo sociale e politico del cinema di Sembène (1923-2007) che ci racconta come alcune rigide e malvagie tradizioni pseudo-religiose possano essere vinte e superate solo con una presa di coscienza di chi le vive e le subisce quotidianamente sulla propria pelle (le donne in primis), molto più che con mille progetti di aiuto calati dall'alto. E' angosciante il pianto continuo di una madre che aveva voluto sottoporre la figlia (poi morta durante il rito) alla mutilazione, per paura che poi nessuno volesse sposarla. E' dalla presa di coscienza individuale e - col tempo - collettiva e sociale che si possono superare queste tragedie. E' con la sofferenza ed il coraggio delle donne africane - e non certo con "aiuti esterni" - che la mutilazione potrà trovare ostacoli sulla sua strada.
Terribile il ruolo affidato agli uomini in questo film: ancorati ad ottuse tradizioni sanguinarie, quando va bene, feroci picchiatori ed assassini, quando in pericolo appare la loro rispettabilità, il loro ruolo di dominatori, pronti a tutto per non perdere questa ridicola posizione di dominio.
L'unico che pare avere una dignità autentica e che si indigna per il brutale pestaggio di Collé Ardo è proprio il cascamorto mercante (mercenaire). Verrà inseguito ed ucciso da una folla inferocita di altri "uomini"

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