lunedì 24 novembre 2008

Rocco e i suoi fratelli - L. Visconti (1960)

L'idea del contrasto emerge fin dalle primissime scene, come a voler da subito sottolineare quello che sarà uno dei princìpi cardine di tutto il film. Il contrasto fra l'idea di famiglia unita ed indissolubile che la madre Rosaria si porta con sé dalla Lucania fin su a Milano e la dura realtà di una società disgregata e disgregante, in cui i legami familiari sono destinati a spezzarsi, sacrificati sull'altare di una voglia di benessere e di libertà che possono portare all'emancipazione (se li si raggiunge per davvero) così come all'autodistruzione.
Appena scesi dal treno alla stazione di Milano, infatti, Simone, Rocco, Ciro, Luca e la madre si aspetterebbero di trovare Vincenzo, il fratello maggiore già trasferitosi al nord da tempo, con un lavoro, una fidanzata e la possibilità – questo almeno è ciò che spera Rosaria – di occuparsi di tutti quanti, ora che il padre è morto. Ma Vincenzo non c'è e poco dopo la panoramica sui volti stupiti della famiglia che dal bus guardano attoniti le luci delle vetrine di Milano anticipa già il secondo tema centrale (peraltro strettamente collegato al primo): quello delle conseguenze drammatiche dello sradicamento. E' solo per evitare ai figli di vivere una vita di sacrifici e di stenti che Rosaria si è decisa a partire per Milano: per non far ammazzare di fatica anche loro su quella terra ingrata, come aveva fatto loro padre, "che è morto mille volte prima di chiudere gli occhi".
C'è tutto il dramma dall'emigrazione in questo capolavoro di Visconti e rimbalza negli occhi dello spettatore con una violenza tale che non si può fare finta di nulla, né cedere ad alcuna estetizzante benevolenza paternalistica verso la famiglia di "terùn" che emigra in cerca di una vita e di una libertà nel grigio, freddo, ostile Nord.
Ciascuno dei fratelli imbocca poi la sua strada per la disperazione via via crescente di Rosaria che solo nelle prime battute (fondamentalmente solo nella scena del risveglio sotto la neve, mentre prepara la colazione per tutti, dà indicazioni sui vestiti da mettersi e si fa salutare dai figli uno ad uno sulla soglia di casa) sembra riuscire a mantenere il controllo della famiglia come vorrebbe. Vincenzo, per via che "ha combinato nu guaio", sposa la fidanzata nonostante l'opposizione delle rispettive madri; Simone, che è l'inquieto della famiglia, si lascia sedurre da Nadia, una giovane donna che "fa la vita" e lo convince ad intraprendere la carriera da boxeur ("un mio amico che fa la boxe ha una macchina lunga lunga che non finisce più"), prima di lasciarlo, finire in carcere ed innamorarsi di Rocco; quest'ultimo – nonostante la giovane età – è senza dubbio il più maturo e sensibile dei 5 fratelli ed è anche l'unico a riuscire a conservare quel senso di famiglia e di unità che ne fa la proiezione dei desideri della madre. Rocco vorrebbe tanto tornare al "paese", se solo le cose andassero meglio laggiù; Rocco è anche l'unico a difendere ostinatamente Simone davanti ad ogni sua nefandezza. "Noi non dobbiamo giudicarlo, noi dobbiamo solo difenderlo", dirà anche dopo che Simone ormai ridotto a relitto, a scarto della società, fallito, depresso ed alcolizzato, avrà confessato di aver ucciso la giovane e bella Nadia.
Altra vittima predestinata, Nadia è una prostituta che fa perdere la testa a Simone che, istigato da una sorta di Lucignolo di periferia ed accecato dalla gelosia, la violenta davanti agli occhi di Rocco, ovvero – dice la stessa Nadia - "la sola cosa bella che mi fosse capitata nella vita". Rocco infatti è l'unico a comprendere realmente la tristezza e la solitudine di Nadia, a cercare di stimolare il suo amor proprio, fino a convincerla a frequentare un corso per dattilografa per tirarsi fuori dalla strada. "Tu mi fai pena", le dice, "perchè tieni sempre l'aria di avere paura, mentre non bisogna aver paura, bisogna avere fiducia". Nadia pare sul punto di farcela, l'amore (per Rocco ma anche per sè) sembra spuntarla, ma ecco che la gelosia, la violenza, la bestialità umana intervengono a riportare tutto prepotentemente sui soliti binari. La difesa ad oltranza di Simone da parte di Rocco - che finisce per incolpare se stesso e Nadia della furia omicida di Simone - fanno crollare definitivamente la povera ragazza che oltre ad aver subito il dramma della violenza sessuale vedrà perdere di senso tutto quel poco di bene che aveva ricevuto, senza capire il perchè ("Quello che ieri era bello e giusto oggi diventa una colpa?") e dovrà tornare a fare "la vita", prima di essere uccisa in una sequenza giustamente divenuta mitica.



Sono troppi gli spunti che regala questo film, anche semplicemente attraverso una battuta, uno scambio di sguardi, una gestualità: l'accoglienza che le vecchiette milanesi riservano alla famiglia lucana che trasloca negli alloggi popolari racconta magistralmente un mondo intero di stereotipi ed arroganza dei "settentrionali" (di tutti i nord del mondo) verso i "meridionali" (di tutti i sud del mondo); la divisione delle lenticchie buone da quelle marce in cucina, metafora che Ciro riprende sul finale per convincere Rocco che Simone con la sua follia sta portando tutta la famiglia alla rovina e che bisogna separarsi da lui prima che sia troppo tardi.
È il finale però quello su cui vale la pena di soffermarsi. Ciro, il fratello più "sottotono", che lavora all'Alfa Romeo come operaio specializzato, dopo aver ottenuto il diploma alle scuole serali, ed è innamorato di una bella ragazza acqua e sapone che vuole sposare, passa la pausa pranzo assieme al piccolo Luca, sul quale tutti i fratelli finiscono prima o poi nel corso del film per far ricadere le proprie speranze o le proprie frustrazioni. Simone è appena stato arrestato per l'omicidio di Nadia, mentre Rocco, per pagare i debiti di Simone, si è cacciato in un vicolo cieco fatto di combattimenti di boxe in giro per tutta l'Europa, proprio lui che, al contrario di Simone, non amava boxare, perchè lo spaventava tutta la cattiveria che era capace di tirare fuori sul ring. In attesa del suono della campana che richiamerà gli operai al lavoro, Ciro cerca di trasmettere al piccolo Luca la speranza per una vita che sarà più giusta e più onesta, in cui tutti potranno vivere senza ammazzarsi di lavoro e liberi, ma senza dimenticarsi i propri doveri, come invece ha fatto Simone, che "per questo ha fatto la fine che ha fatto".
Una sorta di metafora che predica che con il lavoro, la rettitudine ed i sani princìpi (quindi non con i buoni sentimenti di Rocco, né con la sregolatezza di Simone) si costruirà un'Italia migliore, giusta e libera. Suona la sirena, Ciro torna al lavoro ed il piccolo Luca se ne va.
Da lontano, chiama l'unico fratello che gli è rimasto in casa e si raccomanda con lui: "torna a casa stasera!". Sulle pagine di tutti i giornali, attaccati ai muri, la foto di Rocco impegnato in una serie di combattimenti, prova finale dell'ultimo sacrificio fatto in nome di un'idea di famiglia che si trova improvvisamente fuori luogo.

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