
Bresson lavora molto con il sonoro. La macchina è sempre assieme al protagonista e la maggior parte del racconto si svolge nello spazio ristretto della cella oppure davanti ai


Fontaine è un prigioniero politico, incarcerato dai nazisti occupanti la Francia. Non è un eroe, semplicemente è un uomo che non si arrende, che ha ancora voglia di lottare, che ama mettersi alla prova, ingegnarsi, come se quello della fuga – peraltro maldestramente tentata anche all'inizio del racconto – fosse un gioco, una sfida di intelligenza e scaltrezza e non l'unico modo per sottrarsi ad un'inevitabile fucilazione.
Tanto che, una volta architettato l'ingegnoso piano, Fontaine non si decide mai a metterlo in pratica, come se gli mancasse davvero il coraggio di portare a termine la sua opera. Non siamo dunque in presenza nemmeno di uno spavaldo prigioniero che fa leva sulla sua forza fisica per fuggire. Fontaine, anzi, pare tanto geniale e meticoloso nella preparazione, quanto piuttosto impacciato nella messa in atto. La fuga ha successo solo perchè Jost, giovane compagno di cella dell'ultim'ora (e del quale all'inizio Fontaine non sa se fidarsi o meno, ma al quale è quasi costretto a raccontare tutto), decide di unirsi al progetto, rivelandosi fondamentale.

Regia semplice, rigorosa, che dedica grandissima attenzione ai particolari: il mozzicone di matita, il cucchiaio, i ganci della lanterna, i bigliettini scambiati nel bagno, il fil di ferro: tutti oggetti fondamentali alla fuga ed ai quali viene attribuita la giusta importanza.
Bresson costruisce così, con un sonoro efficacissimo ed inquadrature tanto semplici quanto azzeccate, un piccolo capolavoro del genere. Premio per la miglior regia al Festival di Cannes del 1957.
Vicino di cella: "Credi nei tuoi ganci e nelle tue funi, ma in te dubiti"
Fontaine: "Il difficile è decidersi"
1 commento:
ti va di linkarci?
http://www.showfarm.com/web/next/home
nikolas
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