venerdì 2 maggio 2008

L'inquilino del terzo piano - R. Polanski (1976)

Il signor Trelkovski è un timido ed impacciato immigrato di origine polacca, talmente garbato quanto insignificante. E proprio questo suo essere "di poco valore" è ancor più accentuato dalle persone e dalle cose che lo circondano. I colleghi esuberanti fino alla maleducazione, i vicini impiccioni ed intolleranti, una semi-sconosciuta che cerca in tutti i modi di portarselo a letto, il padrone di casa che pretende di dirigere la sua vita domestica.
In cerca di un appartamento modesto e tranquillo, l'impiegatucolo Trelkovski – interpretato superbamente dallo stesso Polanski, col quale ricorre evidentemente ben più che un'assonanza nel cognome – commette un'imperdonabile leggerezza: affitta la casa di una donna che si era da poco gettata dal balcone. La guardiana dello stabile gli mostra sghignazzando l'impronta dell'ex-inquilina nella vetrata infranta una decina di metri più in basso.

Col passare dei giorni, la personalità "vuota" di Trelkovski finisce per essere letteralmente invasa dall'immaginario della donna: egli comincia infatti a frequentare la stessa amica – conosciuta durante una visita all'ospedale poco prima che la donna morisse -, a scoprire i suoi feticci e manie (un dente nascosto dentro un buco nel muro, i geroglifici incisi nel bagno), ad appassionarsi alle sue stesse letture, fino a cominciare – passo passo – ad assumerne persino l'aspetto esteriore: trucco, tacchi, collant e vestito lungo. Grazie ad un sagace, quanto irrisolvibile, scorrere sul filo del rasoio fra realtà opprimente e follia galoppante e paranoica del protagonista, il polacco (ma nato in Francia) Polanski regala momenti di alta tensione misti ad un piacevole humour. Entrambi gli aspetti sono tenuti sempre vivi grazie alle ambientazioni lugubri (le scale interne dell'appartamento di Trinkovski-Polanski) o kitsch (le case degli amici dell'ex-inquilina), ai personaggi stonati ed inquietanti (il vecchio padrone di casa e tutti i condomini), alle inquadrature opprimenti.
Trelkovski scivola via, lentamente, privo delle difese dei forti e degli arroganti, perdendosi nell'incomprensibilità della vita, perfettamente messa in scena da una serie di equivoci, claustrofobie ed allucinazioni che lo spettatore vive sempre da "dentro la testa" del protagonista, senza potersi dare una spiegazione oggettiva, razionale (ne esiste mai una nella vita "normale"?).
Finale da chiusura del cerchio, che lascia comunque aperti tutti i quesiti. Per chi avesse mai delle risposte...

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