lunedì 29 settembre 2008

Il matrimonio di Lorna - J.P. e L. Dardenne (2008)

Il denaro, la sicurezza, il silenzio (quello del titolo originale, come spesso accade trasformato dai distributori italiani). Sono questi i pilastri su cui poggia l'ultimo film dei fratelli Dardenne, insigniti a Cannes "solo" del premio alla miglior sceneggiatura e non della Palma d'oro, perchè – così pare – già vincitori due volte del massimo riconoscimento.
Sopra e sotto i tre pilastri si agitano le frontiere sempre più diffuse ed irregolari della "fortezza Europa".
Lorna è una giovane donna albanese in Belgio, dunque un'extracomunitaria, una straniera, costretta – allo scopo di fare quello che ad una ristrettissima cerchia di persone nel mondo pare normale: scegliersi dove vivere e cercare di affermare i propri sogni e le proprie capacità con il lavoro – a mettersi nelle mani delle bande criminali che gestiscono il businness dei matrimoni combinati. Questo la porta a rimanere una persona ricattabile anche dopo aver ottenuto l'agognato pezzo di carta che attesta formalmente la sua "europeità".
Lorna infatti – una volta tolto di mezzo suo marito – dovrà a sua volta recitare il ruolo della moglie con passaporto, a favore di un russo e così via, in una spirale perversa che finisce solo per alimentare le bande mafiose, sempre più ricche, sempre più potenti e con sempre più mezzi per arruolare manodopera disposta a tutto, con buona pace della patetica retorica sulla sicurezza. Eccola la sicurezza: un grande pregio di questo lavoro sta proprio nel mettere in mostra – una volta tanto – il bisogno di sicurezza degli ultimi, dei veri deboli, potenzialmente additabili da qualunque "normale cittadino" come soggetti pericolosi, da isolare, confinare, rinchiudere. La sicurezza di cui è in cerca la protagonista – una superba Arta Dobroshi, per il 90% delle scene al centro dell'inquadratura, seguita, rincorsa, braccata dalla macchina a mano dei fratelli Dardenne – che sogna di mettere da parte un po' di soldi lavorando in una lavanderia, per aprire un bar assieme al fidanzato albanese, anche lui costretto ad una vita da clandestino, fatta di lavori pericolosissimi, quei lavori in-sicuri che gli indigeni europei lasciano volentieri al bisogno di soldi ed alla disperazione ricattabile dei clandestini.
La sicurezza è anche quella che cerca Claudy, il tossico belga che Lorna sposa per ottenere la cittadinanza in cambio di soldi; una sicurezza fatta di un mondo senza la droga, di un affetto al quale aggrapparsi per cercare di smettere. E chissà se ce l'avrebbe fatta, grazie proprio a Lorna, se non fosse stato ucciso dagli spietati burattinai che muovono i fili delle loro marionette per ingrossarsi le tasche di euro. Il denaro, si diceva. Il denaro è ovunque e spinge a tutto. Modifica i rapporti, obbliga a stringerne altri che mai si sarebbero cercati, impone di sacrificare sul suo altare la propria persona, la propria dignità, la propria vita. Terribile una scena di "ballo" forzato fra una Lorna ipnotizzata, che si crede incinta di Claudy, ed il russo che deve sposare.
Il denaro ha una funzione utile solo se poco e finalizzato a qualcosa, ci dicono i fratelli Dardenne. Cloudy, quando decide di farla finita con la droga, affida la busta gialla con tutti i suoi averi a Lorna, per non comprarsi l'eroina, chiedendole di volta in volta di dargli solo lo stretto necessario per fare la spesa, oppure comprarsi le sigarette o una bicicletta sulla quale pedalare tutto il giorno per distrarsi.
Cloudy è un tossico, ma visto il mondo corrotto e spietato che abbiamo costruito e nel quale sembriamo sguazzare tranquillamente, senza accorgerci della merda che ci galleggia attorno, possiamo dire che la sua figura è emblematica. Siamo tutti tossici, da avidità e menefreghismo, burattini nelle mani di chi ha deciso qual è il nostro ruolo ed eventualmente quando dobbiamo scomparire se cominciamo ad intralciare i piani. Claudy è come la maggior parte di noi: morirà senza essersene accorto.
Il silenzio infine. Il silenzio a cui sono ridotti i più fragili, coloro che sono sempre scomodi, i ricattabili che hanno bisogno di denaro, di documenti, che vivono nascosti e nella paura.
Non hanno diritto di parola, non hanno potere di ribellarsi, di far sentire la propria voce. O se ci provano, vedono sempre le proprie rivendicazioni frustrate, i propri desideri annullati. E allora, per scappare ad una morte certa, arrivano al gesto clamoroso. E per sottrarsi ad una folle prigionia, si inventano un mondo diverso, forse assurdo ma certo migliore. Già salvatisi, aspettano fiduciosi che qualcuno li venga a salvare.

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