mercoledì 23 luglio 2008

Faraw! Une mère des sables - A. Ascofaré (1997)

Raro esempio arrivato in Italia di film maliano, questo di Ascofaré è tuttavia soprattutto un film sul deserto e sulla sua immensità, sui suoi abitanti e le loro quotidiane fatiche, sui cosiddetti "aiuti" occidentali e le loro ripercussioni talvolta traumatiche.
Zamiatou è madre di una bella giovane e di due piccoli maschi pestiferi. Da sola, deve accudire il marito (infermo fisicamente e mentalmente dopo essere stato rinchiuso in prigione), allevare i figli (badando che non si ammazzino, nel frattempo), preservare l'integrità della figlia. Tutto questo senza un soldo, dal momento che la pensione per suo marito, più volte promessa, non è mai stata versata.
Gli unici momenti in cui le autorità maliane mostrano di esistere sono infatti quelli dell'imprigionamento del marito di Zamiatou e dell'attesa vana di ricevere perlomeno un minimo indennizzo sotto forma di pensione. Come se non bastasse, il mercante del villaggio si rifiuta di fare credito a Zamiatou (che pure lo implora e lo prega), poiché – dice l'uomo – "i soldi sono ormai la mia unica religione".
Una soluzione ci sarebbe: concedere alla figlia il permesso di lavorare presso "gli stranieri", i cooperanti francesi. Ma Zamiatou sa bene cosa significherebbe per sua figlia: diventare un gioco, un passatempo, un oggetto esotico da esporre in salotto o una moderna schiava: dal pavimento fino al letto il passo è breve.
Il film, che scorre tranquillo e lento, tocca il momento di più alta drammaticità proprio allorché le due donne – con la ragazza inevitabilmente attratta dalla prospettiva di un lavoro, di un guadagno e forse anche di un altro mondo (V: "La noire de..." di O. Sembène) litigano e si azzuffano davanti alla villetta di un cooperante che aveva sbattuto loro in faccia una quantità di banconote probabilmente mai viste prima.
Respinto l'assalto, la famiglia è comunque senza speranza: Zamiatou però non si dà per vinta e, con sforzi immani, riesce a trovare un'altra fonte di reddito e, in questo modo, a responsabilizzare la figlia e farla crescere. Finale moralistico e dalle pretese educative.
Bella la fotografia, che esalta la maestosità del deserto del Sahara, vero ed incontrastato signore dell'Africa saheliana, dove elementi come un asino o un otre d'acqua possono rappresentare davvero il discrimine fra la vita e la morte (o una vita buttata).

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