martedì 28 ottobre 2008

Hyènes - D. Diop Mambéty (1992)

Cosa può succedere se, da un momento all'altro, vengono riversati miliardi di dollari su persone che prima erano abituate a sopravvivere, spesso dignitosamente, con poco? E se assieme ai miliardi arrivano anche "merci", elettrodomestici, nuovi edifici? Se fossimo negli Stati Uniti parleremmo presumibilmente di "mutui subprime", ovvero concessi solo per permettere a chi non ne aveva la possibilità di accedere alle merci prodotte da un mercato capitalista in perenne necessità di espandersi per non atrofizzarsi ("recedere").
Nell'Africa ed in tanti Paesi del cosiddetto "mondo in via di sviluppo" si è fatta esattamente la stessa cosa, con i grandi istituti monetari mondiali ad elargire prestiti enormi, in cambio di mercati sempre più deregolamentati e possibilità per il capitale, le multinazionali ed i beni di consumo di muoversi liberamente e sfrenatamente. Fino al collasso. Fino ad un debito in crescita costante per via di interessi impossibili da rimborsare. Fino all'esclusione dalla vita sociale di tutti coloro che non potevano permettersi – perchè deboli, perchè troppo miseri, perchè meno arrivisti – di rivestire un ruolo "utile" nel mercato (sono solo due: venditore o acquirente).

Tutto questo succedeva nel Sud del mondo ben prima che scoppiasse l'intero sistema capitalista che ora, anche nel ricco Nord, si è dovuto togliere quel velo di apparente seducenza, mettendosi definitivamente a nudo nella sua fragilità. Di questo parla, con toni lirici ed evocativi, campi lunghi e panoramiche che rimandano con evidenza al western ed una colonna sonora enfatica ma mai pesante (musiche composte dal fratello del regista), un grande artista senegalese scomparso dieci anni fa: Dibril Diop Mambety.

La storia narrata è la seguente: Linguère Ramatou è una donna ricca (non a caso) "come la Banca Mondiale", che rientra a Colobane, suo misero villaggio natale (con tanto di municipio pignorato) dopo esserne stata scacciata da ragazza con l'accusa falsa ed infamante di essere una prostituta. Colpevole di questo gesto vigliacco Draman Dramé, gestore della drogheria-bar del paese, attualmente sposato ma, da giovane, amante segreto della diciassettenne bella e (allora) povera Linguère. Quando lei rimase incinta, Draman rinnegò il figlio e, comprando due testimoni con due bottiglie di vino, fece accusare Linguère di prostituzione e la fece cacciare, condannandola per davvero a dover vendere il proprio corpo per vivere. Ora, l'ex-prostituta divenuta donna di mondo (o donna globalizzata, potremmo dire, con tanto di servitrice orientale) ritorna ricchissima e promette 100 miliardi al villaggio, se Draman verrà ucciso.
Gli abitanti reagiscono sdegnati ma lo sdegno dura ben poco. È sufficiente iniettare un po' di liquidità nelle loro povere ed assetate tasche per dare il via ad una spietata (ed ipocrita perchè mai dichiarata) caccia all'uomo ("Il mondo delle iene è arrivato", è il commento soddisfatto della malvagia donna).
Linguère non ha dimenticato l'infanzia difficilissima, non si fa abbindolare dalle false parole dolci del sindaco nei suoi confronti, né da quelle di Draman che le dice di averla fatta partire per il suo bene, perchè potesse arricchirsi altrove. Linguère ragiona solo in termini di vendetta e distruzione (è, anche fisicamente, una donna "d'acciaio", a seguito di un incidente aereo di cui è l'unica sopravvissuta) ed ha i soldi per farlo. Si compra la giustizia per avere quella che ritiene la sua giustizia. ("Il mondo ha fatto di me una puttana. Io farò del mondo un bordello").

A seguito del suo arrivo nel villaggio, tutti si riversano nella bottega di Draman e comprano le merci più costose, in quantità smodate, molti indossano scarpe all'ultima moda provenienti dal Burkina Faso. Draman comincia a capire che la terra gli sta cedendo sotto i piedi e cerca la protezione dell'esercito. Il sergente gli risponde che dovrebbe essere contento perchè ora i soldi girano e sta facendo più affari.
Non manca un richiamo al ruolo della religione in questa corsa al capitalismo sfrenato: in una delle scene più surreali, Draman si trova all'interno di una chiesa, situata sotto il municipio e raggiungibile attraverso "la strada del paradiso"; guarda su una televisione immagini strazianti di giovani donne africane con marmocchi dalla pancia gonfia attaccati ai loro seni rinsecchiti poi alza la testa e vede una statua della Madonna circondata da due nuovissimi ventilatori.
Finisce quasi per sentirsi in colpa: in fin dei conti il villaggio sta aspettando solo la sua morte per entrare in possesso di tutti i 100 miliardi promessi da Linguère e già sul tavolo del sindaco compare un modellino con la Colobane che sarà.

Passata la prima sbornia, il sindaco ed il professore del paese si recano da Linguère e le chiedono di investire per far rinascere il villaggio. Terreni fertili, ricchezze minerarie: Colobane pare avere tutto, se solo ci fosse qualche investimento teso a migliorare la vita degli abitanti, anziché ad arricchire gli investitori. Linguère, nella sua follia (auto)distruttrice non ci pensa neanche: vuole solo il risultato immediato, la vendetta (che in realtà comporta per gli autoctoni anche rinuncia ai propri valori, sconvolgimento delle proprie vite e relazioni sociali,...) in cambio del denaro e del conseguente sviluppo che andrà come sempre a vantaggio di pochi.
Il giudizio finale è già scritto: le avide iene divoreranno (e faranno addirittura sparire) il corpo di Draman. La costruzione di una nuova Coloban può cominciare.

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