martedì 13 maggio 2008

GIORNI CINESI Angela Terzani Staude - Ed. Longanesi

Non ricordo chi disse che dietro a un grande uomo c'è sempre una grande donna. In ogni caso è stato piacevole tuffarmi nei meandri della sensibilità letteraria di Angela Staude, compagna di viaggio e di vita di Tiziano Terzani.

Spesso mi sono chiesta, leggendo libri come “La porta proibita” o “Un indovino mi disse”, quanto potesse essere fortunata la donna del celebre giornalista fiorentino. E come deve essere stato difficile, nello stesso tempo, essere la dolce metà di una persona così straordinaria. Tiziano, l'uomo che mi ha fatto innamorare pagina dopo pagina. Che mi ha fatto emozionare, sognando luoghi, odori e colori. Tiziano, un po' anche mio compagno di viaggio nei momenti di sconforto e malattia.


Con grande curiosità – vi dicevo – ho iniziato “Giorni Cinesi”, il diario scritto da Angela Terzani nei tre anni di permanenza a Pechino (dal 1980 al 1983). Tre anni di passione autentica per la Cina, condivisi con Tiziano e i due figli, Folco e Saskia. Tre anni di pedalate in bicicletta alla ricerca di nuovi scorci da contemplare, dalle città costiere ai villaggi più interni. E alla ricerca di storie da raccontare, di volti da ricordare, di destini da rendere immortali. Registrando gli esiti drammatici della rivoluzione culturale, tangibili nella quotidianità delle persone tanto quanto nelle tracce, sempre più introvabili, dell'antica civiltà millenaria.
Nell'incedere narrativo i punti di forza del diario sono ben esemplificati dalla frase introduttiva dell'autrice: “ogni giorno apriamo gli occhi su un mondo nuovo e facciamo della meraviglia il nostro mestiere”. Ogni novità è ben descritta con dovizia di particolari e suggestioni che stuzzicano l'immaginazione del viandante (o dell'aspirante tale, che in attesa della partenza sogna dal divano del proprio salotto...).
Certo è che “Giorni Cinesi”, un diario di viaggio, non ha lo scopo di raccontare la Cina. E' uno sguardo parziale, uno sguardo benestante e occidentale, sulla Pechino degli anni Ottanta. Che pur facendo tesoro di ogni voce, di ogni volto “cinese”, nasce in un contesto “ibrido” - diviso tra cene con ambasciatori e stampa straniera e il vivere più autentico a contatto con le persone del posto. E ne riflette un'anima border line, al confine tra la comprensione/integrazione e il naturale pre-giudizio di chi racconta una cultura senza appartenervici.
A tratti la Staude si dilunga e in alcuni punti la scrittura risulta essere ripetitiva.
Nel complesso, comunque, ho apprezzato molto alcuni punti del diario.

Pechino, 9 settembre 1980

“Noi cinesi non siamo liberi. Tutto quello che è bello e desiderabile è per gli stranieri. Tutto quel che è sciatto e costa poco è per le masse. I cinesi lo sanno e sognano l’estero, desiderano quell’altra vita che ha reso noi liberi e ricchi”.I cinesi escono da un periodo di terribili paure, di lotte faziose e persecuzioni politiche, da una guerra civile in cui quasi tutti hanno perso qualcuno o qualcosa: un familiare, un amico, una carriera o almeno dieci anni della loro vita. Hanno perso la memoria di quel che sapevano fare. I vecchi se la sono portata nella tomba, i giovani non sono nemmeno andati a scuola. Un po’ di cultura ce l’hanno solo quelli ai quali i genitori l’hanno data segretamente durante la rivoluzione culturale. Le scuole erano chiuse e gli insegnanti, vilipesi dagli studenti sui giornali murali, avevano a tal punto perso la faccia che nessuno li stava più ad ascoltare.10 settembreIn quegli anni ogni fare era un diritto. I maestri se insegnavano, i giovani se studiavano, i lavoratori se lavoravano, tutti erano in torto, tutti venivano criticati. Questo timore che il fare possa essere un errore è rimasto ai cinesi.


17 settembre
Un cocktail insegue l'altro e siamo sempre fra di noi a parlare di politica e di notizie. La vita dei cinesi è tutt'altra. Io per ora non sono né in questa né in quella.


3 novembre
Sulla via del ritorno litigo con Tiziano. Gli rimprovero la sua aggressività verso i funzionari cinesi, il suo trattarli tutti come se fossero individualmente responsabili del sistema al quale collaborano, ma di cui non sono gli inventori. Lui è infastidito dalla commedia, dall'ambiguità, dei veli che in Cina confondono i contorni di ogni cosa concreta. Non accetta di stare di fronte al gigantesco telone di questo teatro d'ombre enza tentare di affondarvi il coltello per vedere se dietro c'è un corpo vivo o se sprizza sangue. A me pare di vivere negli inferi fra anime tristi i cui corpi, impiccati o decapitati, sono rimasti sulla terra. Tutti mi fanno una pena irriducibile e pochi sono quelli che vorrei ulteriormente tormentare.

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