mercoledì 23 aprile 2008

VOGLIAMO ANCHE LE ROSE, Alina Marazzi, 2008


Alla vigilia dell’8 marzo è uscito nelle sale cinematografiche un documentario dedicato all’universo donna, alle lotte e alle conquiste che il movimento femminista portò avanti negli anni sessanta e settanta. Uno spunto assolutamente utile alla riflessione, perchè tocca temi che platealmente vengono ancora messi in discussione: la grottesca proposta di moratoria sull'aborto di Giuliano Ferrara è soltanto un esempio di minaccia miope al diritto della donna all'autodeterminazione.


Lo sguardo di Alina Marazzi si posa sui cambiamenti avvenuti in Italia grazie alla liberazione sessuale che ha posto le basi per un lento sradicamento della concezione della società a struttura patriarcale, fatta di tanti “padre padrone” e di donne invisibili, silenziose e remissive, senza esigenze né aspirazioni. E lo fa aguzzando la creatività, avvalendosi di fotografie, fotoromanzi, filmini di famiglia, inchieste e dibattiti televisivi, pubblicità, musiche e animazioni d’epoca e originali. Un coloratissimo mosaico, una vivace alternanza che ci porta nel vivo del periodo storico e ce ne restituisce l’atmosfera di cambiamento.

E’ attraverso i diari privati di tre donne che ci si sposta su un piano più intimo, di cui la regista da una libera interpretazione che va oltre la mera ricostruzione storica per cogliere le sfumature emotive. Sono le storie di Anita, Teresa e Valentina, che hanno affidato a carta e penna emozioni inconfessabili e segreti dolorosi. Come l’adolescente Anita, che scrive delle sue fragilità e incontra ostacoli insormontabili nell’approccio all’altro sesso. Troppe le inibizioni, enorme il senso di inadeguatezza: la ragazza si trova intrappolata nel perbenismo e nell’ipocrisia della borghesia milanese cui la sua famiglia appartiene. Teresa invece, 20enne barese, ha già conosciuto l’amore ma rimane incinta. Deve quindi andare a Roma x abortire clandestinamente (siamo nel 76). L’esperienza è agghiacciante, ma proprio da questo episodio la ragazza attinge la forza necessaria x battersi ancor di più per i suoi diritti, per acquistare consapevolezza e crescere.
Valentina, romana, vive i suoi 30anni operando da militante femminista, attiva nei circoli e nei collettivi. La donna si divide tra la passione politica e la storia d’amore con un uomo, cercando un equilibrio tra le due sfere.



“Vogliamo anche le rose” mutua il titolo dallo slogan adottato dalle operaie americane per le lotte di fabbrica degli inizi del secolo scorso. Perché – non dimentichiamolo – al di là dei molti e tristi risvolti commerciali la festa della donna è un giorno di celebrazione di conquiste sociali, politiche ed economiche.

La pecca del film, a mio avviso, è il finale un po' frettoloso in cui vengono snocciolate le varie tappe della giurisprudenza legate alle conquiste femminili, in primis il 1980, data dell'abolizione del cosiddetto “delitto d'onore”.
Il punto di forza è sicuramente il montaggio – curato da Ilaria Fraioli – grazie al quale il film acquista colore, nonostante alcuni passaggi drammatici, trasmettendo positività e forza.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Sicuramente un buon film, forse un pò troppo intimista per essere apprezzato in fondo, forse perchè uno ci si aspetta un semplice lavoro di montaggio che racconta le tappe un pò come la Comencini ha fatto per In fabbrica. In questo senso, un bell'esempio di cinema "d'autore". Superflue a mio avviso le tappe messe al fondo: il film è una riflessione personale e non ne ha bisogno.