
Un povero tassista, che sogna solo di

Strada facendo, tra disperazioni crescenti, buchi nell'acqua, continui cambi di percorso e speranze, se ne innamora e decide di starle vicino fino alla fine.
Modesto (ma delicato, nel suo non esporre in primo piano violenze e sangue) esercizio di stile, ambientato in un Libano devastato e sventrato dalla guerra con Israele dell'estate 2006.

Siamo fra il documentaristico e la finzione. Ed è decisamente il primo a convincere di più. Intense ed ovviamente drammatiche sono le scene "sotto le bombe" israeliane, le immagini delle macerie – materiali e spirituali – che si lascia dietro una guerra, le famiglie distrutte, o quando va bene divise, i collegamenti interrotti, il paese allo sbando, i carri armati dei "pacificatori" stranieri.
Poco scorrevole appare invece la storia che dovrebbe "giustificare" il viaggio di un uomo e di una donna per l'inferno libanese. Sopra le righe i dialoghi, forzati e tesi a commuovere lo spettatore, a fargli sposare una tesi - quella dell'empatia con i due protagonisti positivi - tutto sommato banale.

C'era materiale per un lavoro di indagine ed approfondimento della crisi del Libano, paese strategico. costantemente sull'orlo di una guerra civile, litigato fra opposte e violente forze straniere (fra le quali gli influenti Stati della regione e, manco a dirlo, gli U.S.A.) e smembrato nelle divisioni interne, acuite dalla miseria.
Ciò che emerge è invece un falso documentario che con le macerie e le bombe sembra a tratti giocare ad aumentare educatamente la tensione di una vicenda privata di per sé già terribile.
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